Il rito delle musicassette negli anni ‘80 – 1

La musica portatile degli anni ‘70

Sebbene prodotta con etichetta Philips agli inizi degli anni 1960, l’audiocassetta STEREO 4 ha avuto grande diffusione negli anni ‘70 e ’80.

Altrettanto vario il panorama di lettori che arrivarono rapidamente sul mercato in quegli anni: dal semplice portatile con etichetta Philips alle più tecnologiche e costose “piastre di registrazione” Hi-Fi costellate di potenziometri e VU meter retroilluminati. Ci sarebbe da scrivere per decine e decine di pagine su come in quegli anni, tra la fine degli anni ‘70 e tutto il decennio successivo, l’impianto Hi-Fi fosse un vero e proprio cult per noi adolescenti. Insieme al motorino, lo stereo, come lo chiamavamo semplicemente noi a Roma dalla fine degli anni ‘70, rappresentava un vero e proprio oggetto di culto.

Alcuni, più fortunati, se lo ritrovavano in casa acquistato e messo a disposizione dai genitori, altri lo conquistavano come premio o regalo per le occasioni più importanti come le promozioni scolastiche o il compimento del 18° anno; in casi differenti, invece, veniva acquistato dall’interessato con i primi risparmi. Il sottoscritto, per esempio, per l’acquisto di un amplificatore Denon 70W RMS, piatto Technics e casse ESB, trascorse la prima estate dopo il diploma alle dipendenze di un piccolo imprenditore edile.

Insomma ci sarebbe da scrivere decine e decine di pagine sugli oggetti di culto di fine anni ‘70 ma la cosa che ricordo con più nostalgia e che oggi mi appare lontana anni luce era il rito della registrazione della cassetta.

Questa rappresentava la massima versatilità sia in termini economici che pratici: si poteva portare facilmente fuori casa per ascoltarla in auto oppure a casa di altre persone; costava molto meno rispetto al disco; offriva la possibilità di più incisioni a fronte chiaramente di una perdita di qualità ad ogni passaggio più evidente.

Diciamo che rispetto al disco rappresentava un elemento sia sostitutivo che complementare. Il vinile, infatti, oltre a essere costoso, era (lo è ancora) molto delicato e quindi andava preservato e richiede una maggiore cura nel momento dell’ascolto: bisognava fare attenzione ad estrarlo dalla copertina, era necessario pulirlo con specifico panno antistatico e comunque si era consapevoli di un inevitabile usura che sarebbe aumentata ad ogni ascolto.

La cassetta, invece, con il registratore portatile si poteva ascoltare quasi dappertutto; si poteva mandare avanti e indietro per ascoltare e riascoltare un passaggio particolare, una intro o tutta la canzone non appena terminata. In auto, poi, era spettacolare: le custodivamo nel portacassette, una specie di valigetta con le scanalature a misura a mo di rastrelliera dove le cassette venivano riposte di taglio lasciando bene in vista i titoli scritti sulla custodia. Il portacassette, poi, tipicamente veniva riposto sotto il sedile per nasconderlo ai ladri e preservarlo dal sole. Ricordo perfettamente come con la mano sinistra tenevi il volante per fare la curva e con la destra prendevi da sotto al sedile il portacassette, davi uno sguardo per cercare quella desiderata, estraevi la cassetta dalla custodia e la inserivi nella bocca dello stereo. Poi, a seconda di dove avevi lasciato la cassetta all’ultimo ascolto, con i tasti rewind e  fast forward dovevi riavvolgere per arrivare al punto desiderato. A tutto questo c’è da aggiungere che l’intera manovra la si faceva magari al volante di una vecchia Fiat 500, sulla quale, per cambiare marcia, era necessaria la doppia debraiata (la doppietta, per capirci); oppure alla guida dell’utilitaria di famiglia alla quale stavamo facendo da anticamera prima del demolitore, con tutto quello che ne conseguiva: freni pressoché virtuali; sterzo ormai allo stremo, con approssimazione di manovra assimilabile a quelle di un gozzo fuoribordo. Quando, poi, ci si metteva anche la pioggia, l’auto in questione l’affrontava timidamente quanto inutilmente con tergicristalli del tutto simbolici per usura e concezione.

La circostanza che richiedeva maggiore perizia era quella che ci vedeva in dolce compagnia: nel momento in cui si riteneva opportuno inserire proprio quella canzone specifica, per creare l’atmosfera o far sfoggio delle proprie competenze musicali, quando tutte le operazioni di cui sopra venivano condotte senza far spostare l’ospite che dolcemente si era adagiata su di noi nei diversi modi possibili. Insomma, il messaggino su Whatsapp alla guida delle auto di oggi, che praticamente camminano da sole, è roba da dilettanti. Mi fa sorridere quando i miei coetanei si scandalizzano.

Siamo andati un po’ fuori tema ma mi rendo conto scrivendo che il capitolo su usi e costumi dell’automobile negli anni ‘80 e ‘90 meriterebbe un racconto a parte.

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